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“Una generazione pianta gli alberi; un’altra si prende l’ombra."
(Proverbio cinese)

Nel 1999, la Ericsson che, non a caso, ha sede in Svezia, ha sviluppato un sistema in grado di connettere tra loro tutti i dispositivi che ci portiamo in tasca (cellulari, smartphone, tablet ecc.) per consentire di scambiarsi i relativi dati senza bisogno di cavi o di programmi di interconnessione. Un'innovazione cui venne dato il curioso nome di “Bluetooth” e che fu subito sposata da Sony, Ibm, Intel, Toshiba, Nokia ed altri, tanto che ora è un sistema comunicativo standard presente in ogni apparato portatile. Forse non tutti conoscono la storia che c'è dietro al nome ed al logo scelto. Esso, in realtà, è la fusione di due lettere scritte con i caratteri runici dell'antico alfabeto vichingo: la H e la B che erano le iniziali di Harald Bluetooth, re di Danimarca, che alla metà del X secolo si convertì al cristianesimo, riuscendo a pacificare così i piccoli e litigiosi regni del nord e mettendo in connessione il suo popolo con il resto dell'Europa di allora. Si chiamava Harald Gormsson (figlio di Gorm) ed era soprannominato Blåtand/Bluetooth, cioè “dente blu”. La sua storia è raccontata dai monaci medievali Widuchindo di Corvey e Adamo di Brema che narrano delle doti, diplomatiche e militari, con cui riuscì a riunire tutti i popoli del nord. Costruì una rete di castelli a pianta circolare (i “Trelleborg”) a presidio del suo regno ed un ponte, a Ravning, che è ancora in piedi dopo oltre mille anni. Insomma Harald Bluetooth fu un innovatore, capace di usare alternativamente la persuasione o la forza, a seconda dei casi; una personalità che era riuscita a parlare con tutti, ma che evidentemente non riuscì a stabilire una comunicazione altrettanto efficace in casa propria... se è vero che morì nel 986, mentre tentava di placare una ribellione guidata da suo figlio, Sven Barbaforcuta, che diventerà, poi, re di Danimarca, Norvegia ed Inghilterra. Si vede che erano mutati i tempi: i giovani avevano sempre fretta di cambiare le cose e non amavano perdere tempo in estenuanti riunioni diplomatiche. Così succede quando i padri più potenti, intelligenti e innovatori non riescono a capire che è il momento di passare la mano. E se non lo capiscono da soli, ci pensano i figli a farglielo capire, molto velocemente. Anche senza messaggini.

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